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La prima impressione sul rientro dei bambini post pandemia

Judo e karate La comune Milano

Una chiacchierata con i nostri Maestri di Judo e Karate per riflettere sul rientro dei bambini in palestra dopo l’anno e mezzo di chiusure che abbiamo vissuto.

  1. Come avete trovato i bambini in queste primissime lezioni?Marco (maestro di Judo):La scorsa settimana ho tenuto lezioni con 4 diversi gruppi di bambini, dai 6 ai 12 anni. Nei ragazzini più grandi ho ritrovato quell’impegno e quella voglia di fare che c’era prima della pandemia, mentre quello che mi ha stupito è stato l’atteggiamento dei bambini più piccoli.

    Andrea (maestra di Karate): Anch’io ho avuto la stessa impressione: qualcosa è cambiato non solo nei più piccoli, 6 – 7 anni, ma anche nei piccolissimi di 4-5 anni.

  2. Ma cosa avete riscontrato di diverso?Marco: Mi sembrava di aver davanti dei “piccoli adulti”, attenti, molto più consapevoli, volonterosi. Prima c’era sempre qualcuno che ad un certo punto della lezione si distraeva, perdeva la concentrazione o divagava e c’era sempre la necessità di riportare i bambini ad un fare comune; nelle prime lezioni di quest’anno, invece, questa necessità non c’è stata.

    Andrea:  L’attenzione è decisamente diversa, mi ritrovo nella parola che ha usato il mio collega: “consapevolezza”. E’ un po’ come se la pandemia li abbia fatti crescere un po’ più in fretta sotto alcuni aspetti. Io credo che grazie alle lezioni online abbiano imparato a concentrarsi di più su un solo interlocutore e a distrarsi meno con le cose e persone che li circondano. Dall’altra parte, però, ho notato una forte regressione su altri aspetti.

    Marco: Concordo. Dal punto di vista della coordinazione motoria non ho trovato i bambini particolarmente indietro o regrediti però ho colto un’evidente difficoltà, maggiore rispetto a prima, nel relazionarsi fra loro.

    Andrea: Sì, è sicuramente l’aspetto relazionale che andrà curato con grande attenzione nei prossimi mesi. I bambini non sono più abituati alla vicinanza con l’altro, alla corporeità. Mentre singolarmente hanno una buona mobilità e coordinazione motoria, messi in coppia si ritrovano a essere più impacciati di prima nell’eseguire gli esercizi con l’altro.

  3. Come pensate di poter aiutare la crescita dei bambini attraverso la vostra disciplina?Andrea: Cercando di far passare il messaggio che si cresce con l’altro, che da soli si può diventare bravi, ma che insieme si può essere migliori. E’ nel gruppo che ciascun bambino può instaurare relazioni positive e costruire dinamiche che rendano il gruppo affiatato; in un gruppo affiatato ciascuno può trovare il suo spazio, sentirsi accolto e di poter dare il suo contributo.
    Penso sia la chiave per aiutare i bambini a superare questo difficile momento che, seppur non con la drammaticità dell’ultimo anno e mezzo, di certo non è ancora finito.
    Il karate è spesso percepito come arte individuale, introspettiva ed autocritica; in realtà la mia esperienza di molti anni di insegnamento mi fa dire che, lezione dopo lezione, i bambini e rigazzi si sono sempre ritrovati con complicità e passione per lo sport che li accumunava.
    Dopo questo lungo periodo di stop, ricondividere gli stessi obiettivi, ritornare negli stessi spogliatoi, indossare nuovamente la stessa divisa ed il percorrere la stessa strada verso la crescita personale, saranno i punti di forza del gruppo stesso.

    Marco: Nessuno di noi è ancora ritornato a quella che era la vita pre-covid, la relazione con l’altro è diversa: c’è più distanza, sia fisica che emotiva (pensiamo solo a come la mascherina ci “mascheri” e non ci sveli l’altro). Per i bambini questo avrà effetti di lunga durata, perché è avvenuto in una loro fase di crescita, in cui il “prima” non si era ancora consolidato, e dove le modalità attuali di relazione rischiano di dar loro un imprinting che si porteranno dietro negli anni futuri: maggiori difficoltà nella relazione con gli altri, maggiori resistenze verso relazioni che aprano allo scambio di emozioni, maggiori difficoltà anche nelle relazioni con adulti non familiari.
    Il mio compito, come Maestro di Judo, è insegnare ad affrontare la realtà, facendo emergere la personalità di ciascuno, facendo cogliere il valore del “crescere e progredire insieme”, come diceva il Fondatore del Judo.
    Lavorerò quindi sulle relazioni, sul valore dell’altro come elemento imprescindibile, sul riconoscimento delle proprie difficoltà e di come superarle con l’altro. Per me il Judo non è uno sport, ma una Via per crescere più consapevoli, e se riesco a far percorrere all’allievo almeno un pezzetto di questa via, ho assolto al mio dovere di Maestro.

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