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Le origini dei kata del Judo

Le origini dei kata di judo

Fra il 1882, anno di fondazione del Kodokan, e il 1922, anno in cui il M° Kano definì il Judo completo nei mezzi e nei fini, Jigoro Kano mise a punto sei Kata:

  • Nage-no-kata o forma dei lanci
  • Katame-no-kata o forma dei controlli
  • Kime-no-kata o forma della decisione
  • Ju-no-kata o forma della cedevolezza
  • Koshiki-no-kata o forma delle cose antiche
  • Itsutsu-no-kata o forma dei cinque

Prima di addentrarci in un’analisi sui significati e gli insegnamenti che il M° Kano volle inserire in questi sei kata, vorrei riepilogare le origini di queste sei forme:

  • Nage-no-kata e Koshiki-no-kata derivano dalla esperieneza della Kito Ryu;
  • Katame-no-kata e Kime-no-kata derivano dalla esperienza della Tenshinn-shin’yo ryu;
  • Ju-no-kata e Itsutsu-no-kata sono una creazione autonoma di Jigoro Kano.

La stesura di questi kata non è stata fatta nella sequenza con cui di norma si studiano, ma la scelta dei kata del metodo Judo-Kodokan terrà occupato il M° Kano per tutti gli anni in cui la scuola Kodokan si affermò nei confronti delle altre Scuole di ju jitsu di quell’epoca.

I due kata caratteristici della Scuola di Kano, Ju-no-kata e Itsutsu-no-kata furono messi a punto dal M° Kano nei primissimi anni del Kodokan: Kano, non ancora trentenne, aveva già elaborato le due Forme in cui poneva le basi del suo Metodo differenziandolo e separandolo dalle Scuole di Ju Jitsu di quell’epoca.

Koshiki-no-kata, come abbiamo già visto, fu trasposto dalla Kito Ryu al Judo-Kodokan in omaggio ai profondi insegnamenti contenuti in questa forma.

La stesura invece di quelli che sono considerati i primi tre kata occupò Kano a lungo: le prime stesure risalgono al 1884-85 e comprendevano quindici forme per il Nage-no-kata e dieci per lo Shobu-no-kata (poi denominato Kime-no-kata); in seguito Kano completò Yawara-no-kata (altra denominazione del Ju-no-kata) nel 1886 e propose le cinque forme dell’Itsutsu-no-kata, una prima stesura del Katame-no-kata con dieci tecniche, e il Go-no-kata (‘go’ inteso come opposto di ‘ju’) con dieci tecniche. In seguito questo ultimo kata (chiamato anche Go-ju-no-kata, in cui contrapponendosi due forze opposte si deve cercare di cogliere il momento opportuno per l’azione sfruttando la forza dell’altro) fu abbandonato da Kano per personale insoddisfazione in attesa di rivederlo e reinserirlo nei programmi del Judo-Kodokan /cisa oiu bib fatta).

Con la nascita del Butokukai a Kyoto, Kano fu sollecitato a proporre dei Kata per il Butokukai: considerando l’importanza della situazione, Kano costituì una Commissione di una ventina di Maestri di altre Scuooe a cui sottopose un abbozzo dei tre kata da lui preparati (Nage-, Katame- e Kime-no-kata) invitandoli ad esprimere la loro opinione.

Non vi furono particolari discussioni a riguardo del Nage-no-kata (Kano aveva già modificato nel 1907 sia la terza tecnica da Sukui-nage a Kata-guruma, sia, come cita Sakujiro Yokoyama nel suo celebre libro del 1909 “Judo”, anche la terza tecnica del quarto gruppo del kata introducendo così Sumi-gaeshi), mentre vi furono due o tre dissenti per quanto riguardò Katame-no-kata e Kime-no-kata.

Dalla discussione e dalle proposte nacque l’attuale forma di questi due Kata, che divennero così i tre kata pratici fin dall’inizio al Butokukai oltre che al Kodokan.

Ju-no-kata restò invece fino agli anni venti del XX° secolo un kata esclusivo del Kodokan, così come l’Itsutsu-no-kata.

Per quanto riguarda l’ordine di insegnamento dei kata, questo doveva essere per il M° Kano il seguente:

Seiryoku-Zen’yo-Kokumin-Taiiku-no-kata.

“…deve essere insegnato nel dojo al principiante (…). Si tratta di un metodo creato per costruire un corpo sano al fine di utilizzarlo nella vita.
(…) esso comprende anche l’elemento Bujutsu …
Se Tandoku è un’introduzione all’apprendimento degli atemi, il Koboshiki rappresenta una formula universale…esprime un Judo basato su forme di attacco e difesa, elemento fondamentale per comprendere il randori.” (rivista “Judo” maggio 1930 e gennaio 1932).

Ju-no-kata

“…deve essere insegnato nel dojo al principiante (…). Si tratta di un metodo creato per costruire un corpo sano al fine di utilizzarlo nella vita.
(…) esso comprende anche l’elemento Bujutsu …
Se Tandoku è un’introduzione all’apprendimento degli atemi, il Koboshiki rappresenta una formula universale…esprime un Judo basato su forme di attacco e difesa, elemento fondamentale per comprendere il randori.” (rivista “Judo” maggio 1930 e gennaio 1932).

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