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Quando è nato il Judo o…quando è finito?

judo milano

Quando è nato il Judo? Nel 1922 quando è stato presentato all’imperatore, completo nei mezzi e negli scopi? nel 1882 con i primi iscritti al Kodokan? Nel 1860 a Mikage? Nel lungo periodo dei samurai? Un migliaio di anni fa in Cina quando furono apprese le tecniche di combattimento dei contadini e poi importate in Giappone?

Probabilmente sono tutte corrette, ma forse la domanda più importante è: quando è finito il Judo? questa purtroppo è storia più recente: più o meno nel 1938… ma andiamo con ordine.

E’ il Giappone di fine ‘800 quando la storia del Paese vive una radicale trasformazione. In un momento in cui la situazione politico-sociale segna il declino dei guerrieri samurai, il loro millenario sapere rifiorisce; alcuni uomini, ciascuno nel proprio diverso percorso individuale e indipendente, lo raccoglie e lo ‘distilla’. Per citarne alcuni: l’Aiki-do di Morihei Ueshiba, il Karate-do di Gichin Funakoshi, il Ken-do di Yamaoka Tesshu, il Kyu-do di Awa Kenzo, il Ju-do di Jigoro Kano.

Ciascuno di loro da vita a una nuova disciplina, una nuova via (‘do’=’via’ appunto) che fonda le radici lontano nel passato, recuperando profondi insegnamenti che trasferiscono la saggezza, valori allo stesso tempo semplici e profondi, in grado di migliorare a livello fisico ma soprattutto, grazie all’allenamento, a livello mentale, spirituale e sociale.

Tra loro, il Professor Jigoro Kano con il suo Judo è colui che ha raggiunto un ideale equilibrio tra i sottili e (per noi) misteriosi meccanismi delle abilità guerriere dei samurai, e la razionalità di un metodo facilmente accessibile, disponibile e fruibile da chiunque, con il preciso obiettivo di diffondere una cultura, un principio morale capace di rendere migliori le persone e l’intera collettività.

Nel Judo le tecniche sono corpo-a-corpo e vengono eseguite sempre con controllo (caratteristica che infonde fiducia e facilita l’approccio dei neofiti, soprattutto quando si tratta di bambini, anziani, disabili, ecc…); rappresenta un allenamento fisico efficace ed equilibrato; educa al raggiungimento dei risultati impiegando al meglio la propria forza. E questo è solo l’aspetto più pratico, ‘materiale’.

L’allenamento nel Judo permette poi una crescita ‘interiore’, che si coagula in quel principio morale che è il fine ultimo del Judo. Di fatto il Judo si è rapidamente diffuso in tutto il mondo, accolto e apprezzato da uomini e donne di qualsiasi età, corporatura, estrazione sociale, cultura, ecc…

Purtroppo la grandissima diffusione che ha avuto il Judo, unito alla diffusa tendenza dell’essere umano di accontentarsi in modo semplicistico della superficie, hanno comportato una comune tendenza a spostare l’attenzione sul mero aspetto pratico, sull’efficacia della tecnica, accantonando gli aspetti legati alla crescita interiore e trasmette il vero beneficio del Judo.

Leggendo i suoi appunti scritti negli anni ‘30 ci si rende conto che già il Professor Jigoro Kano ravvisava allora questa tendenza tra i praticanti e ammoniva contro i rischi che una pratica di questo tipo avrebbe potuto comportare. Tuttavia, questo processo è continuato fino ad oggi. C’è chi il Judo di oggi l’ha ben definito Ju-sport, affetto da campionismo, diventato ormai un tipico allenamento propedeutico esclusivamente alla gara della domenica, che siano le gare di combattimento o le gare di Kata.

Sono proprio i Kata (sequenze predeterminate di tecniche) che racchiudono i principi più profondi e formano le basi per costruire il percorso di crescita nel Judo. I Kata sono i ‘manuali’ in cui il Professor Jigoro Kano ha raccolto i principi alla base del Judo. Nei Kata c’è l’essenza del Judo, da applicare nella pratica libera (randori). Kata e randori sono l’allenamento base per la crescita interiore e sviluppare il principio morale.

Noi crediamo in quel percorso, e vogliamo lavorare seriamente per percorrere quella via che il Professor Jigoro Kano ha indicato.

Vogliamo studiare il Ju-do, il Judo (per così dire) tradizionale: studiare le tecniche, studiare i Kata (non imparando a memoria la sequenza secondo schemi omologati, ma) smontandoli pezzetto per pezzetto per comprendere il principio che vi è contenuto, e poi praticare randori applicando i principi.

Tutto ciò in reciproca collaborazione con coloro con cui si pratica Judo, in un costante spirito del ‘dare’, consapevoli che la crescita di ciascuno non può prescindere dalla crescita del gruppo.

Non a caso il Professor Jigoro Kano ha definito il Judo con le due massime “il miglior impiego dell’energia” e “tutti insieme per crescere e progredire”, ciascuna funzionale all’altra.

E’ così che il Judo diventa un veicolo che educa al rispetto di se e degli altri, al migliore impiego delle proprie energie, al perseguimento dei propri obiettivi, alla collaborazione, alla partecipazione attiva nella collettività, alla fiducia in se stessi e nel gruppo di appartenenza, alle relazioni, alla ricerca del miglioramento, allo sviluppo sano del corpo. Valori da coltivare sul tatami e portare nella vita di tutti i giorni.

Forse così il Judo potrebbe non morire, almeno il Judo-originario.

(Flavio Menotti, c.n. de La Comune negli anni’90)

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