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Nyama: regole per agire in relazione a noi stessi #2,

Nyama

La pratica yoga invita a trovare una regola nella vita, attraverso il controllo del proprio corpo, del proprio respiro, della propria mente.
Ci sono semplici indicazioni che permettono di mantenere equilibrio e pace nella nostra vita: gli Yama e i Nyama: i primi ci aiutano a mantenere l’armonia nelle nostre relazioni; i secondi ci indicano  come agire in relazione a se stessi.

Lo yoga sutra è un testo di riferimento per i praticanti di yoga che indica passo a passo come comportarsi per arrivare al Samadhi, l’illuminazione.
Oltre alle indicazioni su come agire in relazione al mondo (Yama) ci sono indicazioni su come agire in relazione a noi stessi (Nyama).

Dopo aver visto insieme quali sono i primi due nyama, in questo articolo approfondiamo gli ultimi tre: tapas (austerità), svadhyaya (studio di sè e delle scritture), ishvarapranidhana (abbandono alla volontà divina)

Tapas

La parola “Tapas” contiene la radice sanscrita ‘tap’ che significa bruciare.
Praticare tapas porta gradualmente a bruciare tutte le impurità presenti in noi sviluppando una forza di volontà concentrata.

Gli antichi yogi praticavano tapas estreme, come rimanere immobili per giorni interi con un braccio alzato, o digiunare per mesi.
Senza arrivare a questi estremi, ci sono esempi più abbordabili di tapas che possono rendere la nostra quotidianità migliore.  Anche solo decidere per una settimana di ridurre il consumo di dolci, o di cibo spazzatura può essere un tapas.
Oppure decidere per un giorno intero di fare attenzione alle parole che si pronunciano, valutando se possono ferire l’altro.
O ancora prendersi l’impegno di fumare qualche sigaretta in meno.

Sono piccoli atti che allenano la forza di volontà, riportando la nostra vita nelle nostre mani, anzichè in balia di impulsi che ci attraversano.

 Svadhyaya

In ogni cultura esistono testi di riferimento che parlano di Dio o di una qualche forma superiore di Volontà-Energia.
Studiare i testi antichi, meditare su di essi, ci fa entrare in contatto con una saggezza profonda che nella nostra epoca è molto difficile trovare.
Siamo bombardati da messaggi promozionali e spinte al successo, è un continuo palcoscenico pieno di luci colorate che non fanno vedere quello che si cela sullo sfondo.
Svadhyaya ci porta alla scoperta dell’origine della Vita, del nostro vero Sè.
Lo studio e la meditazione infatti non sono solo rivolte alle letture di testi antichi, ma anche alla propria conoscenza personale. Rivolgendo lo sguardo all’interno possiamo trovare la nostra vera essenza, il senso della nostra esistenza.
E solo partendo da lì, e non da modelli precostruiti imposti dalla società, possiamo trovare la strada per la vera soddisfazione personale.

 Ishvarapranidhana

L’ultimo nyama è quello dell’abbandono alla volontà divina.
Molti storcono il naso e si chiudono a guscio di fronte a queste due parole, abbandono e divino. Perchè dovrei abbandonare la mia volontà a qualcun altro?

In realtà la volontà divina non è altro che la nostra reale volontà, la volontà del nostro Sè più profondo. In articoli precedenti abbiamo parlato di quella vocina interiore che ci dice da che parte andare, ma che a volte si trasforma in un coro di voci che ci spingono in direzioni opposte.
In mezzo a questo coro una sola voce è quella reale ed è proprio quella della volontà divina. Abbandonarsi ad essa vuol dire semplicemente scegliere quella voce in mezzo al coro.

 

Sara Cusmano – insegnante di Yoga

 

 

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