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Gli yama e la giusta regola nella vita

La pratica yoga invita a trovare una regola nella vita, attraverso il controllo del proprio corpo, del proprio respiro, della propria mente.
Ci sono semplici indicazioni che permettono di mantenere equilibrio e pace nella nostra vita: gli Yama.
Oggi proveremo a scoprire questi cinque principi che ci aiutano a mantenere l’armonia nelle nostre relazioni.

Ahimsa – non violenza

Il termine himsa  in sanscrito significa violenza, fare del male e il suffisio a- invece significa non, perciò ahimsa può essere tradotto come non fare del malenon violenza.
Ci sono tante forme di violenza: la guerra, gli abusi, il bullismo, il mobbing…in ogni ambito sociale possiamo scegliere se agire una qualche forma di violenza sull’altro.
Ci sono anche violenze più sottili: una parola detta per ferire è comunque un atto di violenza, per quanto piccolo possa sembrare, e a volte lo è anche un silenzio che oppone resistenza.
Nello yoga si parla di karma yoga, il karma dell’azione.
Affinchè le nostre azioni non producano karma (conseguenze) devono essere azioni distaccate, volte a mantenere uno stato di armonia universale, piuttosto che direzionate a soddisfare un proprio interesse o egoismo.
Prima di agire proviamo a pensare al nostro scopo: ferire l’altro o trovare un punto di incontro?

L’assenza di violenza è anche rivolta verso noi stessi. Quante volte ci obblighiamo a fare cose che non sono in sintonia con il nostro modo di sentire per compiacere qualcun altro?

Satya – sincerità

Il mio Maestro di meditazione diceva sempre che le bugie creano una brutta atmosfera intorno alle persone.
Tutto ciò che viene nascosto richiede un’attenzione continua per non venire a galla. L’ansia di essere scoperti segue a ruota la bugia, e quando si mente continuamente si finisce per non sapere neanche più dove sia la verità.
Vivere nella sincerità vuol dire poter essere trasparenti e onesti con gli altri ma anche con se stessi.
Ognuno di noi è portatore di una Verità unica, mentire trasforma il nostro cuore in un cielo scuro dove il sole non riesce più a spuntare.

Asteya – non rubare

Steya in sanscrito significa rubare perciò asteya è il suo opposto cioè non rubare, onestà.
Da piccoli ci insegnano il non rubare un oggetto ma asteya è un principio molto più profondo; rubare vuol dire appropriarsi di qualcosa che non ci appartiene.
Si possono rubare grandi o piccoli oggetti ma si possono anche rubare idee.
C’è un equilibrio naturale nelle energie del mondo, e quando prendiamo qualcosa che non ci appartiene, va sempre a finire che la rompiamo, perdiamo o comunque non riusciamo ad utilizzarla.
In più, come per le bugie, dobbiamo costantemente fare attenzione a non essere scoperti, e questo no fa vivere in maniera serena.

Brahmacharya – continenza

Brahmacharya in genere viene tradotto come astinenza sessuale. Gli yogi seguono alla lettera questo principio, ma a meno che non si scelga di diventare  un perfetto yogi, questa indicazione può apparire piuttosto strana ai nostri occhi.
In un senso più ampio può essere tradotto come contenere le proprie energie per direzionarle verso gli scopi che ci prefiggiamo.
Se disperdiamo le nostre energie in vizi e in eccessi non ce ne rimaranno a sufficienza per portare avanti le cose importanti!
Ci troviamo spesso di fronte a bivi: sta a noi scegliere se salire o scendere le scale. Non che una cosa sia più giusta dell’altra, ma la qualità della nostra vita sarà diversa in base alle scelte fatte.

Aparigraha – non essere avidi

Arriviamo all’ultimo yama, che parla dell’avidità.
Non essere avidi può essere inteso come astenersi dal superfluo, non possessività e quindi anche non desiderare quello di cui non abbiamo veramente bisogno.
Quando si desidera troppo, anche cose del tutto superflue, si genera desiderio che a sua volta porta attaccamento, e questo è una delle afflizioni della mente che lo yoga dovrebbe combattere.
Inoltre, quanto spesso desideriamo qualcosa che appartiene ad altri? L’erba del vicino è sempre la migliore, ci manca sempre qualcosa nella vita.
Krishna diceva: meglio seguire il proprio dharma (destino) in modo imperfetto che quello di un altro perfettamente.
Siamo scesi su questa terra ognuno con un suo compito, e con gli strumenti per il lavoro che dobbiamo compiere. Proviamo a concentrarci su questo anzichè continuare a guardare cosa hanno gli altri. Che poi, quando anche si riesce ad ottenere l’erba del vicino, non dà tutta la soddisfazione che ci si aspettava.

 

Nel prossimo articolo conosceremo gli altri 5 principi dello yoga, i nyama (indicazioni su come agire in relazione a noi stessi): saucha (purezza), santosa (sapersi accontentare),  tapas (austerità), svadhyaya (studio di sè e delle scritture), ishvarapranidhana (abbandono alla volontà divina).

Alla prossima!

Sara Cusmano – insegnante di Yoga

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